Migliaia di cani e gatti avvelenati ogni anno vanno incontro a una morte atroce, spesso tra le braccia del proprietario. Nessun colpevole. Tutti innocenti. L’ennesima vergogna di un paese “civile”
Questa volta forse li hanno presi con le mani nel sacco e non è per nulla facile. O meglio sarebbe facilissimo se solo le autorità di polizia mettessero un infiltrato a fare seriamente il suo lavoro in certi ambienti di campagna, dove si discute e si sperimentano le “migliori” miscele venefiche per far fuori faine, volpi, donnole e rapaci, che già di per sé è un atto criminale, oppure cani che disturbano il vicino o sono toppo bravi a scovare tartufi.
Il problema dell’avvelenamento doloso di cani e gatti (ma soprattutto cani) è una piaga sociale forse ancora peggiore dell’abbandono e del conseguente randagismo. Storicamente le guardie private delle riserve di caccia (ora pomposamente chiamate aziende agrifaunistiche) sono pagate dai proprietari per distribuire equamente bocconi avvelenati e tagliole ai fini di eliminare il maggior numero possibile degli animali “nocivi” di cui sopra. Idem succede nei territori di ripopolamento, dove guai se una volpe o una faina dà fastidio a un leprotto o un fagiano.
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